Caduta del pedone: quando è possibile agire per il risarcimento del danno da insidia stradale?

Quando la caduta e le conseguenti lesioni fisiche siano dovute ad una cd. insidia stradale, ossia quei “pericoli nascosti” – come ad esempio le buche nel manto stradale, i dislivelli dei tombini etc. – presenti sul suolo, la Legge prevede una responsabilità oggettiva del proprietario della strada che va ad affiancarsi alla responsabilità civile generale, di cui all’art. 2043 cod. civ.

In linee generali può affermarsi che in tema di responsabilità per danni da beni di proprietà della Pubblica amministrazione è ormai principio consolidato in giurisprudenza che, qualora non sia applicabile la disciplina di cui all’art. 2051 c.c., in quanto sia accertata in concreto l’impossibilità dell’effettiva custodia del bene, a causa della notevole estensione dello stesso e delle modalità di uso da parte di terzi, l’ente pubblico risponde dei pregiudizi subiti dall’utente secondo la regola generale dell’art. 2043 c.c.

Al riguardo val bene evidenziare che il custode è colui che ha la possibilità di prevenire in ogni momento che la stessa possa arrecare danni a terzi, salvo il caso fortuito previsto dalla stessa norma quale scriminante della responsabilità del custode (Cass. Civ., sez. III, sent. n. 3253, 2 marzo 2012).

Il concetto di responsabilità oggettiva dunque implica che il danneggiato godrà di un trattamento processuale di favore, essendo esonerato dal dover dimostrare la condotta colposa dell’ente/privato proprietario della strada, dovendo invece solo dimostrare la presenza dell’insidia e la sua efficienza causale nella produzione della caduta/danno.

Tuttavia, tale nesso causale può essere interrotto da una serie di fattori esterni, tra i quali assume particolare rilievo la condotta incauta del danneggiato.

Da ciò deriva un filone di pronunce giurisprudenziali accomunate dal fatto che il danneggiato potesse percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza una situazione di pericolo.

Passiamone brevemente in rassegna alcune, che hanno escluso il diritto al risarcimento ravvisando un atteggiamento incauto del danneggiato:

Cass. n. 11946/2013 riguarda un incidente stradale provocato dall’incastrarsi della ruota anteriore della bicicletta nelle fessure di una grata presente sulla strada, la cui non visibilità non era stata adeguatamente dimostrata, tenuto conto che l’incidente si era verificato nel mese di agosto, di mattina e quindi in condizioni di luce molto favorevoli, che consentivano di vedere la grata stessa;

Cass. n. 23919/2013 attiene ad un ciclomotore caduto a causa di buche presenti sulla strada da lui percorsa nel Comune di Roma, di cui il ragazzo era ben a conoscenza, per cui avrebbe dovuto tenere un comportamento idoneo ad evitarle;

Cass. n. 23584/2013 attiene alla caduta in un esercizio commerciale privato, causata dal tacco della scarpa rimasto impigliato in una grata metallica posta come scivolo tra due dislivelli, in relazione alla quale doveva essere prestata la dovuta attenzione;

Cass. n. 12895/2016 attiene ad una caduta all’uscita da un ascensore, attribuita al malfunzionamento dello stesso, che si era arrestato più in basso con un dislivello di circa 20 centimetri rispetto al piano di uscita;

Cass. n. 2481/2018 attiene ad una situazione di peculiare imprudenza, in quanto, a fronte di una situazione della cosa obiettivamente pericolosa, ossia un selciato che costituiva un canale di scolo delle acque dal fondo irregolare e con doppia inclinazione, il pedone non aveva utilizzato le cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, che consentivano anche agevoli percorsi alternativi.

Un caso più particolare è quello di cui all’ordinanza Cass. n. 456/2021: una donna conveniva in giudizio il Comune di Napoli per l’infortunio riportato a seguito di una caduta verificatasi mentre attraversava la strada finendo con il piede in una pozzanghera d’acqua che celava una buca e la presenza di pezzetti di porfido sconnessi e malfermi, a causa dei quali perdeva l’equilibrio cadendo sulla schiena e fratturandosi una vertebra lombare.

Dopo essere risultata vittoriosa in primo grado ma poi soccombente in appello, la malcapitata ricorreva in Cassazione che cassava la sentenza con rinvio, sancendo il seguente principio: “la condotta della vittima del danno causato da cosa in custodia costituisce caso fortuito idoneo ad escludere la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c. ove sia colposa e imprevedibile”. Secondo la Cassazione occorreva vagliare se il Comune avesse dimostrato che la condotta della danneggiata avesse i caratteri della autonomia, imprevedibilità ed inevitabilità, idonea da sola a produrre l’evento.

Sulla stessa scorta anche l’ordinanza Cass. n. 37059/2022, relativa ad un sinistro occorso all’interno di un complesso supercondominiale ed in cui la vittima, scendendo dal marciapiede posto in corrispondenza di un fabbricato, era inciampata in una buca posta a ridosso del cordolo rovinando a terra. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, cassava con rinvio la sentenza impugnata, precisando che i criteri con cui si giudica la responsabilità aquilana ex art. 2043 cod. civ. non sono sovrapponibili a quelli che determinano la responsabilità del custode ex art. 2051 cod. civ.. Difatti, nel caso del custode non va accertata la sua colpa nell’aver determinato l’evento dannoso in quanto è sufficiente il suo rapporto giuridico con la cosa custodita, a meno che provi che l’evento si è determinato per un fatto imprevedibile, ascrivibile come caso fortuito.

L’inattesa condotta da parte di una persona sensata o l’avverarsi di comportamenti mai verificatisi prima può far venir meno il nesso causale tra la cosa e il danno verificatosi. Infatti, la condotta colposa del danneggiato deve risultare imprevedibile al fine di far degradare la cosa da cui si origina l’infortunio a mera occasione del verificarsi dell’evento.

Posto, dunque, che l’insidia stradale non è un concetto giuridico, ma un mero stato di fatto che, per la sua oggettiva invisibilità e per la sua conseguente imprevedibilità, integra una situazione di pericolo occulto, è fondamentale compiere un approfondito accertamento, da cui venga dimostrata la concreta possibilità per l’utente di percepire o prevedere, con l’ordinaria diligenza, la situazione di pericolo oggettivo che si cela nel luogo dell’evento.

Tale giudizio passa necessariamente attraverso una ricostruzione del fatto in tutti suoi dettagli (condizioni di tempo e di luogo, abbigliamento indossato dalla vittima, conoscenza del luogo da parte della vittima, etc.) e del criterio probabilistico applicabile a tale contesto, ossia: in dette condizioni specifiche la vittima poteva normalmente percepire l’insidia ed adottare cautele per evitare di incapparvi e cadere rovinosamente?

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