Sinistro con piena ragione, ma la Compagnia ritiene le riparazioni antieconomiche: la Cassazione fa giustizia ?

E’ rimbalzata, con un certo clamore, la notizia di una recente pronuncia della Corte di Cassazione relativa ai contenziosi assicurativi sulle cd. riparazioni antieconomiche dei veicoli coinvolti in sinistri stradali.

La prassi della liquidazione stragiudiziale è quella per cui, anche in caso di ragione piena, la Compagnia provvede a liquidare le riparazioni solo se il loro costo sia inferiore a quello del veicolo da riparare. Viceversa, nel caso contrario, viene liquidato il valore commerciale del veicolo danneggiato, obbligando di fatto il proprietario alla rottamazione.

Da ciò scaturisce un cospicuo contenzioso giudiziale, che talvolta può giungere fino in Cassazione, come è accaduto nel caso in commento.

La Cass. civ., Sez. III, con ordinanza n. 10686 del 20/04/2023, ha accolto un ricorso contro la Axa Assicurazioni e contro la sentenza che la vedeva vittoriosa nei precedenti gradi di giudizio.

La sentenza impugnata aveva ritenuto di liquidare il danno materiale per equivalente (in relazione al valore ante sinistro del mezzo) e non in forma specifica (in relazione al costo delle riparazioni effettuate).

 Nell’accogliere il ricorso, la Suprema Corte enuncia un importante criterio, che deve guidare i giudici di merito nel fare applicazione dell’art. 2058 Cod. Civ..

La norma infatti consente al danneggiato di chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile (1 co.), consentendo tuttavia al giudice di disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente se la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per il debitore (alias la Compagnia).

Ciò significa che, in relazione al danno subito da un veicolo, nel primo caso la somma dovuta sarà calcolata sui costi necessari per la riparazione, mentre nel secondo sarà riferita alla “differenza fra il valore commerciale del veicolo prima dell’incidente e la somma ricavabile dalla vendita di esso, nelle condizioni in cui si è venuto a trovare dopo l’incidente, con l’aggiunta ulteriore della somma occorrente per le spese di immatricolazione e accessori del veicolo sostitutivo di quello danneggiato” (Cass. n. 4035/1975).

Con l’ordinanza in commento la Cassazione chiarisce però che i due criteri si pongono in rapporto di regola-eccezione, nel senso che la reintegrazione in forma specifica (che vale a ripristinare la situazione patrimoniale lesa mediante la riparazione del bene) costituisce la modalità ordinaria.

Solo in via di eccezione il giudice – con valutazione discrezionale – può derogare alla suddetta regola optando per il risarcimento per equivalente laddove la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per la parte obbligata.

Quanto a tale aspetto discrezionale, la Corte precisa che la verifica di eccessiva onerosità non possa basarsi soltanto sull’entità dei costi, come diffusamente accade.

Bisognerà anche considerare se la reintegrazione in forma specifica comporti o meno una locupletazione per il danneggiato, tale da superare la finalità risarcitoria che le è propria e da rendere ingiustificata la condanna del debitore a una prestazione che ecceda notevolmente il valore di mercato del bene danneggiato.

E’ bene però sapere che la Suprema Corte, nell’accogliere i motivi del ricorso, non ha condannato la Axa Assicurazioni, ma ha rinviato la decisione dinanzi al Tribunale di primo grado (diverso magistrato), il quale dovrà pronunciarsi su un aspetto che aveva trascurato, ossia se la riparazione, benché di importo pari al doppio del valore del veicolo, sia idonea o meno a concretizzare un aumento di valore del veicolo rispetto a quello ante sinistro.

Tale aspetto sarà pertanto dirimente, anche ai fini della liquidazione delle spese processuali dei gradi di giudizio finora svolti.

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